DON DANIELE CONSACRATO VESCOVO

… PERCHE’ CREDENDO ABBIATE VITA NEL SUO NOME (Gv 20,31 – motto espicopale)

La vocazione episcopale al servizio del popolo di Dio. 

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Omelia del vescovo ordinante Mons. Massimo Camisasca,
Cattedrale di Reggio Emilia, 19 marzo 2017

Cari fratelli e sorelle,

nel nostro cammino verso la Pasqua incontriamo oggi una realtà della natura, a voi molto conosciuta e da tutti noi molto apprezzata, tanto che non sapremmo né potremmo vivere senza di essa: la realtà dell’acqua.

Il nostro corpo non può vivere senz’acqua, i nostri campi inaridirebbero, le nostre industrie si fermerebbero, la vita, in breve, si spegnerebbe. La nostra bio-realtà ha trovato sulla Terra il suo sviluppo, perché qui c’è l’acqua.

Ma nella storia di Dio con l’uomo, nella storia santa iniziata con i Patriarchi e giunta fino a noi, l’acqua diventa anche profezia di una salvezza totale a lungo attesa e poi finalmente manifestata e realizzata nella persona di Gesù: è Lui la fonte dell’acqua viva che non solo ci purifica da tutte le nostre sozzure (cfr. Ez 36, 23), ma che risponde a ogni nostra sete in modo così profondo che non avremo più sete in eterno (cfr. Gv 4, 14). Egli è quell’acqua che tanto il nostro cuore desidera: O Dio, tu se il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua (Sal 62, 2).

La liturgia di oggi, come quella di tutte le domeniche della santa Quaresima, è una catechesi battesimale. Nel battesimo veniamo immersi nell’acqua che è la Passione e Morte di Gesù, per riemergere nella sua Risurrezione.

Oggi la nostra Chiesa di Reggio Emilia-Guastalla, la Chiesa di Crema e tutta la Chiesa universale sono partecipi e spettatori meravigliati e gioiosi del rinnovarsi di questo mistero.

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Un figlio della nostra Chiesa, Daniele Gianotti, dopo essere stato immerso per sempre nel dono della vita di Dio e dell’incorporazione a Cristo nella Chiesa il giorno del battesimo, dopo aver visto il fiorire della grazia battesimale nella scelta del celibato per il Regno e aver donato interamente la sua vita a Cristo e al suo popolo santo nell’ordinazione diaconale e presbiterale, è oggi chiamato da Gesù Cristo, attraverso la designazione del Papa, a una nuova offerta di sé, a una nuova immedesimazione con la persona e la missione del nostro Signore e Salvatore, attraverso l’ordinazione episcopale che lo aggrega al Collegio dei successori degli apostoli. Essi, sotto la guida di Pietro, sono chiamati, secondo la richiesta di Gesù, a pascere gli agnelli, cioè a non avere altro desiderio che di amare Cristo nel suo gregge totale, coloro che già lo conoscono e sono suoi, ma anche coloro che non lo conoscono e a cui deve essere ugualmente indirizzata la sua ansia pastorale.

Caro don Daniele, ogni persona del gregge che Dio ti affida è un tesoro inestimabile e unico ai Suoi occhi misericordiosi. Papa Francesco, parlando ai vescovi di recente ordinazione, ha espresso così la cura premurosa a cui è chiamato ogni pastore, e in particolare il vescovo: «Vi prego di non avere altra prospettiva da cui guardare i vostri fedeli che quella della loro unicità, di non lasciare nulla di intentato pur di raggiungerli, di non risparmiare alcuno sforzo per recuperarli» (Papa Francesco, Discorso ai partecipanti al corso di formazione per nuovi vescovi, 16 settembre 2016).

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Carissimo don Daniele, oggi Cristo dice a te, come un tempo alla Samaritana: “Ho sete, dammi da bere” (Gv 4, 7). Lo ripeterà esplicitamente dalla croce.

Siamo abbastanza aperti a considerare la nostra sete, a cui risponde il regalo inatteso e sempre nuovo della rinfrescante e corroborante azione del Padre. Ma siamo ancora poco attenti alla sete di Gesù. Eppure è da essa che nasce la Chiesa e, in essa, l’ordine episcopale.

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Il vescovo vive della sete di Gesù di raggiungere gli uomini. Egli non ha altra ragione di esistere che di essere mandato: Come il Padre ha mandato me così io mando voi (Gv 20,21). Aliméntati a questa sete e alimenta questa sete.

Ritorniamo alle parole del Papa: «Vi raccomando la cura dell’intimità con Dio, sorgente del possesso e della consegna di sé, della libertà di uscire e di tornare» (Papa Francesco, ivi).

La preghiera personale e comunitaria, silenziosa e cantata non sia mai da te trascurata o abbandonata per nessuna ragione, se non per quelle urgenti necessità delle persone che fanno del nostro accorrere una preghiera.

La lettura orante e meditativa della Sacra Scrittura alimenti il tuo cuore e il tuo pensiero: essa è una fonte senza fine che svela sempre nuove profondità e che forma in noi il desiderio del bene e la lotta contro il male.

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La tua parola nasca da lì: sai che il ministero del vescovo è innanzitutto ministero della parola. Parla per rivelare Cristo presente e operante, parla per sostenere, consigliare, correggere, perdonare, indirizzare alla fede, alla carità, alla speranza.

Nella celebrazione eucaristica e degli altri sacramenti rivivi il grande mistero della donazione di Cristo al suo corpo.

In questa nostra Chiesa hai imparato a vivere in profonda unità la mensa della Parola di Dio, la mensa eucaristica e l’incontro con i poveri. Gesù ti invita a una missione che non abbia esclusioni né barriere.

I ragazzi e i giovani abitino la tua scelta preferenziale. Essi spesso sono poveri perché non hanno padri e madri a cui guardare. Sono poveri nel loro disorientamento, ma aperti e in attesa di Cristo.

Le famiglie siano al centro della tua missione di vescovo: aiuta la bellezza e la luminosità della famiglia cristiana mostrando che essa è una vera e insostituibile strada dell’umanesimo nato da Cristo.

Trova la tua consolazione nell’andare verso chi è solo, abbandonato, ferito, carcerato, ammalato, verso chi non ha nessuno e proprio per questo è vicino a Gesù, di cui è l’icona.

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Caro don Daniele, cammina senza paura. «È bello – scrive ancora papa Francesco – lasciarsi trafiggere dalla conoscenza amorevole di Dio. È consolante sapere che Egli davvero sa chi siamo e non si spaventa della nostra pochezza. È rasserenante conservare nel cuore la memoria della sua voce che ha chiamato proprio noi, nonostante le nostre insufficienze. Dona pace abbandonarsi alla certezza che sarà Lui, e non noi, a portare a compimento quanto Egli stesso ha iniziato» (Papa Francesco, ivi). Sii certo che sarà Dio stesso a sostenerti in questo altissimo compito con il quale oggi ti investe. Te lo dice il vescovo della tua Chiesa, l’ultimo dei vescovi della Chiesa, ma ugualmente grato a Dio per questo dono con cui oggi rallegra il suo popolo santo. Amen.

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