BUON LAVORO, VESCOVO OSCAR!

Al vescovo di Crema, Mons. Oscar Cantoni.vescovo Oscar

Un sincero augurio e un ricordo nella preghiera per la sua nomina a DELEGATO REGIONALE PER LA PASTORALE DELLE VOCAZIONI E DEI SEMINARI.

Mentre rinnoviamo la nostra disponibilità per il bene della nostra Chiesa diocesana attraverso la promozione del “vangelo della vocazione”, auspichiamo che il suo servizio alle vocazioni nella Chiesa lombarda sia ricco di frutti a vantaggio di tutto il popolo di Dio.

Maria Santissima, a Crema venerata come Santa Maria della Croce e Madonna della Pallavicina Le stia vicino e Le faccia sentire il suo materno affetto.

Don Angelo Lorenzo Pedrini e la commissione di pastorale vocazionale diocesana.

CONSACRAZIONE DI CRISTINA RABBAGLIO nell’Ordo Virginum Celebrazione Eucaristica SABATO 25 APRILE ore 21 in Cattedrale

Cristina

L’Ordo Virginum è formato da donne che, accogliendo la chiamata del Signore, hanno deciso di donare tutta la loro vita a Lui.

La Consacrazione pubblica nelle mani del Vescovo diocesano esprime il legame con la Chiesa Diocesana (ciascuna consacrata è inserita nella propria diocesi di appartenenza – in Italia sono circa 500 le donne consacrate, appartenenti a più di 90 diocesi).

Durante il rito di Consacrazione vengono consegnati l’anello, quale segno del legame ‘sponsale’ con Cristo, e il libro della Liturgia delle Ore che esprime il primo impegno: quello della preghiera di lode e di intercessione per il mondo.

Nessun abito particolare distingue la consacrata dell’Ordo Virginum che continua a condividere con gli uomini e le donne del suo tempo, le gioie e le fatiche della vita quotidiana. Può scegliere la forma di vita che più le si addice (da sola, in famiglia, con altre consacrate) e si dedica al servizio della chiesa locale secondo forme e modalità diverse che vanno dalla preghiera all’assunzione di servizi specifici concordati con il Vescovo.

Non c’è un carisma specifico per tutto l’Ordo, ciascuna mette a disposizione i propri carismi nella Chiesa che la accoglie e che riconosce la sua vocazione.

La sostanza di questa consacrazione? “La vergine si unisce in nozze mistiche e caste a Cristo il buon e bel pastore. La consacrazione di una vergine esprime che Cristo è colui per il quale vale la pena di dare tutta la propria vita, persino i propri affetti. Questa donna sarà così testimone della resurrezione di Cristo.” Il vescovo Oscar ha poi aggiunto: “L’amore per Cristo include anche l’amore appassionato per la Chiesa alla quale la vergine dispensa cuore e mani. Cristina – ha aggiunto rivolgendosi a lei personalmente – riconosco il tuo dono di verginità maturata in tanti anni di servizio alla Chiesa. Vivi con slancio la tua consacrazione. Continuerai il servizio alla tua diocesi di Crema e non interromperai nemmeno il tuo impegno professionale. La gioia di questo giorno prevalga sempre anche nei momenti di stanchezza.”

Prima dell’omelia erano state proclamate le letture della IV domenica di Pasqua, giornata delle vocazioni e la “candidata” aveva espresso la sua volontà di consacrarsi a Dio.

Dopo l’omelia il vescovo ha rivolto a Cristina tre domande di rito, tra cui: “Vuoi essere consacrata con solenne rito nuziale a Cristo?” E lei ha risposto di sì. Quindi, prima di procedere alla solenne promessa, l’invocazione del santi, durante la quale Cristina si è prostrata sul presbiterio, in segno di donazione totale.  Alla fine, ponendo le sue mani giunte in quelle del vescovo, ha pronunciato il suo proposito di castità perfetta.

È seguita la preghiera di consacrazione da parte del Vescovo, la consegna dell’anello delle “mistiche nozze con Cristo” e del libro della Liturgia delle Ore, per pregare incessantemente.

È continuata poi la celebrazione della Santa Messa, presenti una trentina di sacerdoti.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA 52ª GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

L’esodo, esperienza fondamentale della vocazione

Cari fratelli e sorelle!

La quarta Domenica di Pasqua ci presenta l’icona del Buon Pastore che conosce le sue pecore, le chiama, le nutre e le conduce. In questa Domenica, da oltre 50 anni, viviamo la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. Ogni volta essa ci richiama l’importanza di pregare perché, come disse Gesù ai suoi discepoli, «il signore della messe…mandi operai nella sua messe» (Lc 10,2). Gesù esprime questo comando nel contesto di un invio missionario: ha chiamato, oltre ai dodici apostoli, altri settantadue discepoli e li invia a due a due per la missione (Lc 10,1-16). In effetti, se la Chiesa «è per sua natura missionaria» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes, 2), la vocazione cristiana non può che nascere all’interno di un’esperienza di missione. Così, ascoltare e seguire la voce di Cristo Buon Pastore, lasciandosi attrarre e condurre da Lui e consacrando a Lui la propria vita, significa permettere che lo Spirito Santo ci introduca in questo dinamismo missionario, suscitando in noi il desiderio e il coraggio gioioso di offrire la nostra vita e di spenderla per la causa del Regno di Dio.

L’offerta della propria vita in questo atteggiamento missionario è possibile solo se siamo capaci di uscire da noi stessi. Perciò, in questa 52ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, vorrei riflettere proprio su quel particolare “esodo” che è la vocazione, o, meglio, la nostra risposta alla vocazione che Dio ci dona. Quando sentiamo la parola “esodo”, il nostro pensiero va subito agli inizi della meravigliosa storia d’amore tra Dio e il popolo dei suoi figli, una storia che passa attraverso i giorni drammatici della schiavitù in Egitto, la chiamata di Mosè, la liberazione e il cammino verso la terra promessa. Il libro dell’Esodo – il secondo libro della Bibbia –, che narra questa storia, rappresenta una parabola di tutta la storia della salvezza, e anche della dinamica fondamentale della fede cristiana. Infatti, passare dalla schiavitù dell’uomo vecchio alla vita nuova in Cristo è l’opera redentrice che avviene in noi per mezzo della fede (Ef 4,22-24). Questo passaggio è un vero e proprio “esodo”, è il cammino dell’anima cristiana e della Chiesa intera, l’orientamento decisivo dell’esistenza rivolta al Padre.

Alla radice di ogni vocazione cristiana c’è questo movimento fondamentale dell’esperienza di fede: credere vuol dire lasciare sé stessi, uscire dalla comodità e rigidità del proprio io per centrare la nostra vita in Gesù Cristo; abbandonare come Abramo la propria terra mettendosi in cammino con fiducia, sapendo che Dio indicherà la strada verso la nuova terra. Questa “uscita” non è da intendersi come un disprezzo della propria vita, del proprio sentire, della propria umanità; al contrario, chi si mette in cammino alla sequela del Cristo trova la vita in abbondanza, mettendo tutto sé stesso a disposizione di Dio e del suo Regno. Dice Gesù: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Mt 19,29). Tutto ciò ha la sua radice profonda nell’amore. Infatti, la vocazione cristiana è anzitutto una chiamata d’amore che attrae e rimanda oltre sé stessi, decentra la persona, innesca «un esodo permanente dall’io chiuso in sé stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio» (Benedetto XVI, Lett. Enc. Deus Caritas est, 6).

L’esperienza dell’esodo è paradigma della vita cristiana, in particolare di chi abbraccia una vocazione di speciale dedizione al servizio del Vangelo. Consiste in un atteggiamento sempre rinnovato di conversione e trasformazione, in un restare sempre in cammino, in un passare dalla morte alla vita così come celebriamo in tutta la liturgia: è il dinamismo pasquale. In fondo, dalla chiamata di Abramo a quella di Mosè, dal cammino peregrinante di Israele nel deserto alla conversione predicata dai profeti, fino al viaggio missionario di Gesù che culmina nella sua morte e risurrezione, la vocazione è sempre quell’azione di Dio che ci fa uscire dalla nostra situazione iniziale, ci libera da ogni forma di schiavitù, ci strappa dall’abitudine e dall’indifferenza e ci proietta verso la gioia della comunione con Dio e con i fratelli. Rispondere alla chiamata di Dio, dunque, è lasciare che Egli ci faccia uscire dalla nostra falsa stabilità per metterci in cammino verso Gesù Cristo, termine primo e ultimo della nostra vita e della nostra felicità.

Questa dinamica dell’esodo non riguarda solo il singolo chiamato, ma l’azione missionaria ed evangelizzatrice di tutta la Chiesa. La Chiesa è davvero fedele al suo Maestro nella misura in cui è una Chiesa “in uscita”, non preoccupata di sé stessa, delle proprie strutture e delle proprie conquiste, quanto piuttosto capace di andare, di muoversi, di incontrare i figli di Dio nella loro situazione reale e di com-patire per le loro ferite. Dio esce da sé stesso in una dinamica trinitaria di amore, ascolta la miseria del suo popolo e interviene per liberarlo (Es 3,7). A questo modo di essere e di agire è chiamata anche la Chiesa: la Chiesa che evangelizza esce incontro all’uomo, annuncia la parola liberante del Vangelo, cura con la grazia di Dio le ferite delle anime e dei corpi, solleva i poveri e i bisognosi.

Cari fratelli e sorelle, questo esodo liberante verso Cristo e verso i fratelli rappresenta anche la via per la piena comprensione dell’uomo e per la crescita umana e sociale nella storia. Ascoltare e accogliere la chiamata del Signore non è una questione privata e intimista che possa confondersi con l’emozione del momento; è un impegno concreto, reale e totale che abbraccia la nostra esistenza e la pone al servizio della costruzione del Regno di Dio sulla terra. Perciò la vocazione cristiana, radicata nella contemplazione del cuore del Padre, spinge al tempo stesso all’impegno solidale a favore della liberazione dei fratelli, soprattutto dei più poveri. Il discepolo di Gesù ha il cuore aperto al suo orizzonte sconfinato, e la sua intimità con il Signore non è mai una fuga dalla vita e dal mondo ma, al contrario, «si configura essenzialmente come comunione missionaria» (Esort. ap.Evangelii gaudium, 23).

Questa dinamica esodale, verso Dio e verso l’uomo, riempie la vita di gioia e di significato. Vorrei dirlo soprattutto ai più giovani che, anche per la loro età e per la visione del futuro che si spalanca davanti ai loro occhi, sanno essere disponibili e generosi. A volte le incognite e le preoccupazioni per il futuro e l’incertezza che intacca la quotidianità rischiano di paralizzare questi loro slanci, di frenare i loro sogni, fino al punto di pensare che non valga la pena impegnarsi e che il Dio della fede cristiana limiti la loro libertà. Invece, cari giovani, non ci sia in voi la paura di uscire da voi stessi e di mettervi in cammino! Il Vangelo è la Parola che libera, trasforma e rende più bella la nostra vita. Quanto è bello lasciarsi sorprendere dalla chiamata di Dio, accogliere la sua Parola, mettere i passi della vostra esistenza sulle orme di Gesù, nell’adorazione del mistero divino e nella dedizione generosa agli altri! La vostra vita diventerà ogni giorno più ricca e più gioiosa!

La Vergine Maria, modello di ogni vocazione, non ha temuto di pronunciare il proprio “fiat” alla chiamata del Signore. Lei ci accompagna e ci guida. Con il coraggio generoso della fede, Maria ha cantato la gioia di uscire da sé stessa e affidare a Dio i suoi progetti di vita. A lei ci rivolgiamo per essere pienamente disponibili al disegno che Dio ha su ciascuno di noi; perché cresca in noi il desiderio di uscire e di andare, con sollecitudine, verso gli altri (cfr Lc 1,39). La Vergine Madre ci protegga e interceda per tutti noi.

Dal Vaticano, 29 marzo 2015, Domenica delle Palme

FRANCISCUS