Vocazione alla vita consacrata

ANTONIO – Italia 2006, Biografico – 110 min. 

Locandina Antonio, guerriero di Dio

 

1263. Un frate, di fronte a ciò che resta del corpo di Sant’Antonio, inizia a raccontare la sua storia. La storia del santo comincia dal suo arrivo in Italia dal Portogallo a bordo di una nave che trasporta un tesoro. La figura di Antonio, che prima di tutto era un uomo, si lega a quella di numerosi personaggi che incontra lungo il suo cammino.

Diretto con piglio sicuro dall’esordiente Antonello Belluco, Antonio guerriero di Dio, porta per la prima volta sul grande schermo la figura di Sant’Antonio da Padova, una delle figure più importanti e discusse della storia della cristianità. Nonostante la biografia del Santo sia circoscritta agli ultimi anni della sua vita e alcuni elementi della trattazione siano dichiaratamente inventati, piace l’approccio scelto dal regista per raccontare la sua storia: invece di cedere alla facile tentazione di spettacolarizzare la figura di Sant’Antonio, proponendolo come mero “miracle maker”, con tutto quello che avrebbe potuto conseguirne, il regista sceglie di focalizzare l’attenzione sull’umanità, i sentimenti, le paure e le emozioni provate dal protagonista che appare così fragile, tormentato e realistico. Stilisticamente pregevole e tecnicamente ineccepibile, il film è graziato dalla stupefacente performance del protagonista che incarna alla perfezione la spiritualità ed il misticismo che aleggia attorno alla figura del Santo.

 

FRANCESCO, di Liliana Cavani – Germania-Italia 1988 – Biografico-Drammatico, 158 min.

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Alcuni anni dopo la morte di Francesco di Assisi, si riuniscono in cima ad un poggio Chiara e cinque ex-fratelli del Santo, tra i primissimi. A turno essi ricordano episodi e momenti della vita di quell’essere straordinario, che sconvolse le loro esistenze, attirandoli con parole e con esempi di amore e di pace, in linea con il Vangelo. Leone annota sul suo quaderno spunti e ricordi toccanti; gli altri (Pietro Cattani che sapeva di legge, Bernardo, già notaio del padre del Santo, Angelo ex-uomo d’armi e Rufino) lo aiutano nel redigere il suo memoriale. Rivivono così le antiche dissipazioni del giovane rampollo del ricco mercante Pietro Bernardone; la sua vicenda di prigioniero (dopo la guerra con Perugia, un anno nelle fosche prigioni); la sua incredibile rinuncia a tutti i beni di famiglia per andare con i poveri e i lebbrosi. Rivivono anche i primi passi di Francesco dopo il gesto scandaloso; l’arrivo dei primissimi fratelli, pronti a seguirlo in una vita miserabile ed eroica, piena di rinunce ed umiliazioni ma anche di gioie ineffabili; il restauro della chiesetta di San Damiano; gli innumerevoli ostacoli da superare per sopravvivere; l’incontro con Chiara (la cugina di Rufino) fuggita da Assisi per aggregarsi alla comunità. Ottenuta in seguito, con l’appoggio del Cardinale Ugolino, l’approvazione di Papa Innocenzo III – confermata, dopo la di lui morte a Perugia, dal successore Onorio III, affinchè i fraticelli avessero una Regola – comincia per il Santo l’ultima parte della sua vita, forse la più dura e tormentata: la netta percezione dei pericoli cui può andare incontro la purezza ed unità della giovane comunità, per l’affluire da molti Paesi d’Europa di giovani entusiasti, ma anche meno semplici e meno docili ed il profilarsi di divisioni all’interno stesso del nuovo Ordine. Di salute precaria, torturato nell’animo, Francesco cede il posto al fido Pietro e si rifugia con fra Leone – che lui chiama “pecorella di Dio” – sulle montagne, per meditare e pregare Dio, il quale non sembra rispondere alle sue grida angosciate. Ma così non sarà: le stigmate alle mani, ai piedi ed al costato suggelleranno nel sangue la pietà e l’amore divini per quell’uomo malato e disperato, che chiuderà presto gli occhi nella dolce terra umbra tanto amata.

 

FRANCESCO, di Liliana Cavani, Italia 2014, Biografico, 200 min. 

Francesco, dopo aver provato in gioventù la strada della guerra e dell’avventura, viene chiamato da Dio ad assolvere un incarico inaspettato ma esaltante, fatto di prove difficili ma di una straordinaria bellezza umana. Le sue scelte iniziali spesso contraddittorie e confuse, lo mettono fin da subito in rotta di collisione con il padre, un ricco commerciante di stoffe e un “prestasoldi” che ha nei confronti del figlio progetti grandiosi che restano delusi. Francesco desidera un altro padre, quello di tutte le creature.

 

CHIARA E FRANCESCO – Italia 2007 – Drammatico, 2×100 min.

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Chiara e Francesco, come già il titolo rivela, è un progetto che ha l’ambizione di raccontare per la prima volta la storia sia di San Francesco che di Santa Chiara. Il racconto in parallelo dei loro percorsi spirituali mette in luce il prodigioso avvenimento della nascita di due vite straordinarie, che hanno cambiato la storia della Chiesa partendo dallo stesso piccolo paesino dell’Umbria.
Naturalmente, proprio per la loro contemporaneità, non si può pensare che la precoce santità di Chiara non abbia influito su Francesco e, viceversa, che la coraggiosa scelta di Francesco non abbia segnato la scelta vocazionale di Chiara. Per questo il racconto procede nell’alternanza tra le due vite, mostrando come Chiara e Francesco nei diversi momenti della loro vita abbiano contribuito ciascuno alla santità dell’altro, in un legame tutto incentrato nell’amore di Cristo. Lo spessore e il rilievo attribuito in questa miniserie alla figura di Chiara sono, dunque, assolutamente innovativi.
La Lux Vide si è avvalsa della preziosa collaborazione delle Clarisse che hanno assistito gli autori dal loro protomonastero di Assisi, guidandoli nel restituire nel modo più autentico possibile la figura e lo spirito di Santa Chiara.
Per quanto riguarda la figura di Francesco, è evidente che mai come in questi tempi il suo messaggio evangelico risulti attuale: l’attenzione agli ultimi, ai poveri e ai malati tocca da vicino il cuore di ognuno di noi. Anche in questo caso gli autori hanno goduto della consulenza di autorevoli esponenti dell’Ordine Francescano, affinché venisse restituito al pubblico il più autentico profilo storico e spirituale del santo di Assisi.

 

LA SETTIMA STANZA – Italia, Francia, Polonia, Ungheria 1995, Biografico – 110 min.

Locandina La settima stanza

A Breslavia nel 1922, la brillante allieva del filosofo Husserl, la docente di filosofia Edith Stein, appena battezzata con il nome di Theresia Hedwig, deve affrontare le rimostranze della madre Auguste, che l’accusa di aver tradito la religione ebraica. Agli inizi degli anni ’30, durante una conferenza a Munster, viene attaccata dal professore Franz Heller, ex collega di studi e innamorato respinto, che l’accusa di opportunismo. Intanto il nazismo dilaga ed Edith viene sospesa dall’insegnamento. Heller, entrato nelle file naziste, la consiglia di espatriare. Le sorelle Elsa ed Erna con le famiglie sono in procinto di emigrare negli Stati Uniti: a sorpresa, Edith annuncia la decisione di farsi carmelitana. La famiglia è costernata: la madre la scaccia. Dopo un duro noviziato, durante il quale consiglia alla compagna Greta di seguire la sua vocazione alla maternità, Edith prende i voti ai quali assiste anche Hans, suo vecchio innamorato. Poi la sorella Rosa porta brutte notizie della madre, che muore senza vederla. Le elezioni sono un pretesto per Franz per rivedere Edith, millantare i successi del nazismo e rinnovarle l’invito ad espatriare. Dopo la tragica “Notte dei cristalli”, nel 1938 Edith e Rosa si trasferiscono in Olanda, ma l’espansione nazista fa sì che le due donne vengano arrestate e caricate su un vagone, dove si prodigano per consolare i bambini deportati. Poi un ultimo incontro con Franz che l’accusa di superbia ed a cui Edith chiede perdono, sentendosi vicina alla morte (che la coglierà nel campo di concentramento di Auschwitz, dove si offre al posto di una bambina evitandole la camera a gas).

 

MADRE TERESA – Italia, GB 1997 – Biografico – 90 min. 

In un convento cattolico della Calcutta del dopoguerra, madre Teresa, una suora di trentasei anni di origine albanese, fa l’istitutrice di alcuni ragazzi borghesi. Sono i mesi turbolenti dell’indipendenza dal dominio inglese e dei feroci scontri tra indù e musulmani. Quando il convento si trova a corto di viveri, con una consorella esce in cerca di cibo e qui viene a contatto con la terribile realtà dei poverissimi che muoiono di fame per strada. Rientrata nelle mura del convento, madre Teresa non è più la stessa. Lascia l’ordine di appartenenza e ne fonda un altro: le Missionarie della Carità. È l’inizio di una vita interamente dedicata agli ultimi della Terra culminata con il premio Nobel per la pace e la morte in odore di santità.

 

MADRE TERESA – Spagna, GB, Italia 2003 – Biografico – 180 min.

Le tappe fondamentali della vicenda di Madre Teresa, dalla sua infanzia nell’Albania negli anni 20 alla sua prima chiamata, dalla successiva scelta di stare vicino ai più poveri dei poveri alle peripezie per riuscire a fondare la congregazione delle Missionarie della Carità, fino poi al duro ed estenuante lavoro insieme alle consorelle a Calcutta prima e nel resto del mondo poi.

 

THE LETTERS – USA 2015 – Drammatico – 114 min. 

Locandina The Letters

Padre Praagh, un sacerdote cattolico, studia la straordinaria vita di madre Teresa di Calcutta durante le ricerche per il processo di santificazione. Si confronta con padre Celeste Van Exem (Max von Sydow), consigliere spirituale di madre Teresa. Padre Celeste gli mostra le lettere ricevute dalla donna in quarant’anni di amicizia: le parole di madre Teresa portano i due religiosi a rivivere le sue lotte contro la povertà, la mancanza di sostegno delle consorelle del convento, la sua crisi depressiva, il suo senso continuo di abbandono e la sua incapacità di ottenere attenzione dalla Santa Sede.

 

IL GRANDE SILENZIO – Germania 2005 – Documentario – 162 min. 

Locandina Il grande silenzio

In un tempo di cinema chiassosamente sonoro, che tutto riempie e trabocca, diventa necessario sperimentare il silenzio. Quello grande e silente “registrato” nel monastero certosino de La Grande Chartreuse, situato sulle montagne vicine a Grenoble. A salire sulle Alpi francesi con la macchina da presa è stato il regista tedesco Philip Gröning, che per diciannove anni ha cullato il desiderio di realizzare un documentario sulla vita dei monaci e sul tempo: quello della preghiera e quello del cinema. Perché quel tempo potesse scorrere sulla pellicola, il regista ha condiviso coi monaci quattro mesi della sua vita: partecipando alle meditazioni, alle messe, alle lodi, ai vespri, alla compieta (l’ultima delle ore canoniche), ritirandosi in una cella in attesa di ripetere nuovamente l’ufficio delle letture.

Il suo film, apparentemente immobile e privo di uno sviluppo narrativo, trova invece un suo modo straordinario di procedere inserendo un dialogo muto tra l’uomo e la natura, scandito fuori dal monastero dalle stagioni e dentro le mura, vecchie di quattro secoli, dalla rigorosa liturgia dei monaci. Separati materialmente dal mondo mantengono con esso una solidarietà espressa attraverso un’incessante preghiera. La vita eremitica e contemplativa viene filmata e riproposta allo spettatore nelle sue ricorrenze quotidiane, inalterabili e puntuali, interrotte soltanto da un imprevisto “drammaturgico”: l’arrivo di un novizio al convento. L’equilibrio della comunità monastica è ricomposto poco dopo con l’ammissione del giovane uomo nell’ordine, attraverso suggestive cerimonie di iniziazione in lingua latina. La partecipazione dello spettatore alla vita del monastero è affidata unicamente alle immagini, che non si aggrappano quasi mai a un suono, a una voce esplicativa fuori campo, a una musica applicata alla pellicola, a una parola, se non a quella di Dio. I salmi e le preghiere, sgranate come un rosario e costantemente ripetute, sono l’unico linguaggio concesso, lo strumento verbale alto per pensare il divino, per comunicare con Lui.

Il regista “officia” la sua funzione lasciando libero lo spettatore e la sua percezione di cogliere nel montaggio i commenti impliciti, nel silenzio i suoni compresi. Perché il suo documentario diventi un’autentica esperienza ascetica, Gröning lo costruisce come fosse un mantra, mettendo la grammatica del cinema al servizio del linguaggio dello spirito. Se la comprensione dell’Assoluto passa attraverso la reiterazione della preghiera, il cinema che la fissa dovrà a sua volta replicare il suo linguaggio, quello della ripresa. E allora si ribadisce quell’inquadratura, quel primissimo piano, quel campo medio o lunghissimo, si insiste sulle identiche didascalie di raccordo perché il pubblico stabilizzi la mente e lo sguardo su un’idea. La lunghezza della pellicola, che ha impaurito i più o peggio li ha spazientiti, è al contrario funzionale all’esperienza contemplativa che il regista ha voluto raccontare. La sua visione disciplina la mente inducendola, e non poteva essere altrimenti, a chiarire e a purificare il pensiero.

 

MOTHER CABRINI – Italia 2018 – Biografico – 1h 39 min. 

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«Emigrare è una possibilità che Dio dà agli uomini». Questa la battuta chiave, di estrema attualità, che apre il nuovo film su madre Cabrini, la patrona dei migranti. Un lungometraggio di 99 minuti che incarna «il desiderio di trovare in un linguaggio moderno la figura e la missione di madre Cabrini». Pellicola italiana prodotta in inglese, sottotitolato in italiano nell’attesa di doppiaggio.

Nata a metà dell’800 a Sant’Angelo Lodigiano, Francesca Saverio Cabrini spese la sua intera vita a favore degli emigranti italiani e non solo. Per loro fondò più di 67 istituzioni in tutto il mondo. Dopo la sua morte nel 1917, venne canonizzata il 7 luglio 1946, ed è stata la prima cittadina americana dichiarata santa.

A dare occhi scuri, fisico minuto e grande carattere a colei che nel 1950 venne nominata patrona dei migranti, è una somigliantissima attrice italiana di talento, Cristina Odasso, la cui efficace interpretazione arriva da una lunga gavetta teatrale e cinematografica con registi come Castellitto, Verdone, Bellocchio, Greenaway. Accanto a lei, altre credibili giovani attrici, dai volti freschi e dal sorriso carico di luce, a dare un’immagine nuova di donne consacrate, coraggiose e belle nella loro semplicità.

Su internet mi sono imbattuta per caso nella foto di madre Cabrini. Ha un portamento, uno sguardo, una bellezza semplice… sembra la Gioconda versione suora» ci spiega la regista e produttrice Daniela Gurrieri, che con il marito Fabio Carini, ha fondato Cristiana Video nel 2002. La regista si è così innamorata di questo incredibile personaggio, una donna all’avanguardia, capace di affrontare da sola, come una pioniera, con un piccolo manipolo di sorelle, i vicoli e la violenza di Little Italy cominciando la sua missione proprio dagli ultimi, dagli italiani emigrati sfruttati come schiavi.

«Madre Cabrini è una donna di grande carattere: mi ha preso e non mi ha lasciato più – aggiunge la regista –. La sua è una storia talmente forte che mi è occorso un anno e più per realizzarla e ringrazio la congregazione che mi ha anche concesso di usare scritti inediti e le memorie delle varie case da lei fondate».

Il film si concentra sugli anni che vanno dal 1888 al 1892, il periodo forse più difficile e pieno di ostacoli per madre Cabrini, quello dell’inizio della sua missione negli Stati Uniti. Il film è avvincente fin da subito, grazie a una sceneggiatura attenta e documentata che usa con precisione le parole di madre Cabrini, ma senza darle una stucchevole immagine devozionale, bensì una vivacità realistica e tutta cinematografica. Ribadendo che il cuore della missione della religiosa resta Gesù Cristo e sottolineando alcuni aspetti meno conosciuti della madre Cabrini mistica. «Non è facile capire che cos’è la vocazione e che cos’è che la mantiene salda di fronte alle difficoltà e gli ostacoli, ma noi ci proviamo» aggiunge l’autrice che confessa di sognare una serie tv e di avere nel cassetto materiale per altre cinque puntate.

Intanto Mother Cabrini nonostante non abbia un budget hollywodiano, risulta ben fatto e girato con cura con un cast italiano a Cinecittà e in alcuni luoghi affascinanti in Sicilia come Villa Witacker a Catania e a Palazzo Farnese di Caprarola ai Castelli.

Decisa fin da bambina a partire missionaria per la Cina sulle orme di san Francesco Saverio, Francesca Cabrini fondò, all’età di 30 anni, la prima Congregazione femminile non dipendente da rami maschili (le Missionarie del Sacro Cuore di Gesù) e soprattutto “missionaria”, una novità assoluta per gli istituti religiosi femminili dell’epoca. Il film inizia quando il vescovo di Piacenza, monsignor Scalabrini, rendendosi conto dell’epocale migrazione di centinaia di migliaia di italiani a fine ’800, dopo aver fondato la Congregazione di San Carlo per gli immigrati italiani, affida a madre Cabrini una nuova missione verso Occidente tutta al femminile. Francesca è molto combattuta, ma accetta dopo la conferma di papa Leone XIII, con cui avrà sempre un rapporto diretto e filiale.

Durante la lunga traversata da Le Havre a New York, vediamo così Francesca scoprire la realtà dei migranti italiani attraverso il piccolo Bernardo e sua sorella, ma anche affrontare lo scetticismo di alcuni esponenti della massoneria decisi anch’essi a “conquistare” il Nuovo Mondo. Arrivata con sei suore a New York agli inizi del 1889, senza trovare nulla di pronto, né la casa, né la scuola, né l’orfanotrofio, come invece loro promesso, Francesca e le sue compagne si rimboccano subito le maniche condividendo con gli abitanti di Little Italy condizioni e sofferenze. Un quartiere violento, dove le suorine si aggirano tra famiglie poverissime, malavitosi e migliaia di orfani. Francesca e le suore iniziarono togliendo i bambini orfani dalle strade e la speranza arriva nel quartiere.

Le difficoltà non mancano: la Contessa di Cesnola è una benefattrice che vuole manipolarla, l’arcivescovo di New York monsignor Corrigan vuole rimandarla indietro e gli stessi immigrati dapprima non la accettano. Ma madre Cabrini non si perde d’animo: il suo scopo è ridare dignità alle persone e aiutarle a non perdere le loro radici culturali, linguistiche e religiose. Il film si chiude col suo primo successo, proprio la fondazione del Columbus Hospital di New York. «Madre Cabrini era una grande imprenditrice – aggiunge la regista – . Per finanziare le sue opere il suo metodo era di attrarre investimenti più che donazioni. Bisogna guardare ancora oggi a Scalabrini e alla Cabrini, all’amore con cui hanno aiutato gli emigranti in modo intelligente attraverso l’integrazione».

Avvenire, 7 aprile 2019